Gastonomia: Il “TAGANU”
Ogni ricorrenza festiva ovunque come anche ad Aragona ha la sua pietanza e il suo cibo che a volte assume un significato allegorico e simbolico celebrativo dell’evento o semplicemente rappresenta un momentaneo e fuga ce benessere appagatore delle sofferenze quotidiane di natura materiale e spirituale. La realtà popolare è una continua privazione che nella festività viene temporaneamente liberata e tradotta in una fuggevole quanto sontuosa abbondanza propiziatrice di un domani migliore. La ricorrenza pasquale per il suo alto significato religioso che riveste e per il particolare periodo della ciclicità stagionale in cui si colloca trova ad Aragona nell’uovo e nei cibi tipici del l’agricoltura locale i suoi simboli celebrativi così come avveniva nelle più antiche civiltà. Infatti, “fu uso comune a tutti i popoli agricoli d’Europa e d’Asia di celebrare il nuovo anno mangiando delle uova. La festa ricorreva nell’equinozio di primavera, cioè nella Pasqua ecco perché la festa delle uova è stata legata alle feste Pasquali. L’uovo rappresentava presso gli antichi popoli ora la divinità suprema, ora la vita del mondo, ora la fecondità della terra. L’uovo e l’emblema più perfetto delle forze produttrici della natura”. L’uso dell’uovo come elemento celebrativo della ricorrenza pasquale pertanto ad Aragona si può spiegare con la derivazione contadina del paese con il suo attaccamento alla terra e al mondo arcaico, ma non gli si attribuiscono quei significati simbolici e allegorici che gli si davano presso i popoli antichi. Più verosimilmente la sua presenza nei “panaredda” e nel “taganu” i due cibi celebrativi della festività di Pasqua, si deve alla elevata produzione che se ne ha m questo periodo e alla facile reperibilità che permette ai contadini di disporne a piacimento. I primi sono legati al modo in cui una volta si preparava il pane nel forno a legna che non mancava mai nelle case L’evoluzione della società contadina e le sue trasformazioni vanno sempre più contribuendo, però, alla loro scomparsa e soltanto in qualche famiglia si preparano ancora. Venivano preparati durante la Settimana Santa allorché si faceva il pane; gli ingredienti erano la stessa pasta usata per il pane e una quantità variabile di uova a seconda dei “panaredda” che si volevano preparare. L’uovo crudo veniva avvolto nella pasta, modellando tutto a forma di cesta con manici. Se la massaia era brava, faceva anche dei fiori con la pasta e li inseriva nella cesta. Il “panareddu” così preparato veniva poi cotto assieme al pane nel forno, e dopo una ventina di minuti, croccante e dorato, era pronto per essere mangiato; l’uovo divenuto sodo assumeva un particolare sapore dategli anche dal profumo del pane caldo: per tutti quanti rappresentava una ghiottoneria. Il cibo per eccellenza, però tipico di Aragona che simboleggia la Pasqua ed è divenuto con il passare degli anni celebrativo della ricorranza è il “taganu”, a base di uova e “tuma”, che non trova riscontro in nessun’altra parte. È infatti, originario del paese e la sua tradizione si perde nei tempi e nella leggenda. Le massaie anticamente incominciavano a raccogliere le uova alcune settimane prima di Pasqua per averne in gran quantità quando dovevano prepararlo. Il nome deriva dal tegame in cui viene cucinato nel pomeriggio del Sabato Santo per poi essere consumato il Lunedì dell’Angelo in mezzo ai campi dove è tradizione trascorrere la giornata, ma c’è chi non resiste fino a tale giorno e lo assaggia ancora caldo e profumato. Gli ingredienti per un “taganu” bastevole ad una famiglia di sette o otto persone sono:
– 1 Kg. di rigatoni o tortiglioni;
– 60 uova;
– 1 Kg. di “tuma”;
– 1/2 Kg. di carne di vitello o maiale tritata;
– 1/4 litro di brodo di pollo,
– un pizzico di erbe aromatiche (prezzemolo, zafferano, menta)
– 20 grammi di cannella.
Si procede alla sua preparazione frullando per prima le uova con il brodo di pollo e con un pizzico di zafferano e cannella. Successivamente si fa cuocere la pasta al dente e la si dispone nel tegame fino a formare uno strato compatto su cui prima si stende un pò di carne tritata e poi si versano le uova frullate. La “tuma” ridotta in sottili fettine ricoprirà poi il tutto. Si procede formando di nuovo un altro strato di pasta e continuando le operazioni di prima, fino ad esaurire tutti gli ingredienti. L’ultimo strato di “tuma” va ricoperto abbondantemente di uova frullate che dovranno colare negli strati inferiori a colmare tutti i vuoti esistenti. A questo punto il “taganu” è pronto per essere messo al forno e dopo un’ora, un delizioso profumo si diffonderà per tutta la casa annunciando la sua avvenuta cottura. Sulle sue origini si hanno poche notizie, ma già la fantasia popolare ha incominciato ad elaborare la sua storia e a dirci come il “taganu” un bei giorno venne preparato. La sua storia è stata raccontata da alcune ragazze della scuola elementare e media che, partecipando al premio “Elia Rotulo” organizzato dalla Pro Loco, hanno dato due diverse versioni nei loro elaborati. Le due narrazioni non possono essere state frutto della fantasia di due singole ragazze in quanto sono venute fuori contemporaneamente in molti elaborati di autori diversi. Secondo il primo racconto una povera famiglia contadina di Aragona, tanti anni fa, aveva venduto tutti gli agnelli e le caprette che aveva per procurarsi il cibo per l’inverno e non sapeva come festeggiare la Pasqua. Allora la vecchia contadina dai capelli bianchi e un pò in curvata dalla fatica degli anni e dal lavoro nei campi, desiderosa di rendere felici i suoi figli in quel giorno di festa, pensò di preparare un piatto con tutti gli ingredienti che aveva in casa e di metterlo in forno dopo che avesse sfornato il pane che aveva preparato. In casa c’erano uova in abbondanza che le galline avevano fatto in mattinata, la “tuma” preparata da poco con il latte munto alle pecore e alle capre e pasta in gran quantità. La donna lentamente prese questi ingredienti e dopo averli mescolati li mise con alcuni aromi raccolti nella campagna, in un tegame che in forno nel forno ancora caldo. Dopo alcuni minuti il recipiente di terracotta incominciò a emanare profumo e a colorarsi di un giallo dorato, stuzzicando l’appetito di tutti i familiari. Quel cibo piacque tanto alla famiglia che la vecchia contadina in gran segreto nel pomeriggio ne svelò la preparazione alla comare; questa fece lo stesso e ne parlò alla vicina di casa che a sua volta in gran segreto la rivelò all’altra comare. Nel giro di qualche ora tutte le donne del paese conoscevano la ricetta del “taganu” e in gran segreto si misero a prepararlo per consumarlo l’indomani, il Lunedì dell’Angelo in mezzo ai prati. Secondo l’altra versione il Principe di Aragona voleva far festeggiare la Pasqua ai suoi contadini ma non sapeva come far preparare un cibo che pò tesse bastare per tutti e potesse piacere a tutti. Pensò così di farlo con i prodotti tipici della campagna aragonese che venivano consumati da tutti ed erano graditi a tutti. Fu così che in un gran tegame fece preparare una pasta a forno a base di uova e “tuma”, distribuendola poi a tutti. I contadini rimasero contenti e da quel giorno ognuno di loro pensò di preparare a pasqua il “Taganu”. Anche se la leggenda è frutto di fantasia, ha pur sempre una derivazione dalla realtà. II “taganu” è infatti un piatto tipico di Aragona che deriva dalla sua campagna e in essa si consuma il Lunedì dell’Angelo dopo averlo preparato il Sabato Santo. I suoi ingredienti sono anche i cibi quotidiani di chi vive nei campi e di chi un tempo vi abitava per tutte le stagioni. Dallo scorso anno la Pro Loco ha pensato di organizzare anche una sagra del “taganu” che ha avuto tanto successo e una grande partecipazione di pubblico e che sicuramente contribuirà a diffonderlo fuori di Aragona.