Il sottufficiale, era nato a Gallicano (LU) il 6.4.1934, ed era residente a Menfi (AG), coniugato con tre figli.
Arruolato il 16.11.1951 nell’Arma dei Carabinieri e dal 1954 in servizio in Sicilia, era responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria Carabinieri della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento sino al giorno del vile agguato di cui è stato vittima.
Il sottufficiale da sempre si era interessato di indagini complesse e situazioni di carattere mafioso, tanto da essere considerato la memoria storica per le conoscenze degli intrecci sulle cosche mafiose sia della provincia di Agrigento che di quelle limitrofe. Infatti aveva sempre dato eccellenti prove per capacità e versatilità nell’attività investigativa. Aveva collaborato con L’A.G. in indagini su agguerrite cosche mafiose operanti nell’agrigentino, per assicurarne alla giustizia i componenti, fornendo anche elementi indiziari in ordine a diversi omicidi.
In una circostanza (testimone un suo stretto collaboratore), trovandosi negli uffici del Comando Legione Carabinieri “Sicilia” e guardando i ritratti delle vittime dell’Arma per la lotta alla delinquenza mafiosa, aveva esclamato: “quanti amici ho tra questi uomini” riferendosi, tanto per citare qualche esempio, al Signor Generale Dalla Chiesa, al Signor Colonnello Russo, al Maresciallo Iavolella ed altri. Alla luce di quanto accaduto, tale esclamazione sembrava suonare come un terribile presentimento.
Questa, pertanto, è stata l’ennesima conferma che la mafia non guarda in faccia nessuno.
Come si è detto, il Maresciallo Guazzelli era sempre stato impegnato in prima persona nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Egli, infatti, aveva prestato servizio nelle zone più “calde” della Sicilia quali: Castelvetrano, Palermo, Palma di Montechiaro ove aveva retto il Comando di Stazione e, per ultimo, ad Agrigento dove era stato comandante del Nucleo Operativo (ora Nucleo Investigativo, con sede nella caserma che gli è stata intitolata a Villaseta) ed infine responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria presso il Tribunale di Agrigento, con sede nel Palazzo di Giustizia del capoluogo di provincia.
Profondo conoscitore del fenomeno mafioso non soltanto in relazione alla zone ove aveva prestato servizio, poiché nel corso della sua penetrante attività investigativa aveva avuto modo di cogliere e focalizzare quei grandi e solidi legami che le varie consorterie mafiose hanno a livello nazionale ed internazionale.
Validissimo e determinante era stato il contributo che aveva dato soprattutto alla magistratura agrigentina per l’istruttoria del cosiddetto maxi-processo alla mafia di questa provincia, nel quale erano stati imputati i mafiosi di maggior spicco dell’epoca. Non va poi dimenticato il suo incisivo e concreto impegno profuso nelle indagini riferite alla guerra di mafia degli anni ’90 che aveva insanguinato il popoloso centro di Palma di Montechiaro, durante le quali l’abilità investigativa del Maresciallo Guazzelli aveva consentito di far luce sui motivi scatenanti della “guerra” stessa e sui “personaggi” che l’avevano intrapresa, permettendo di avere chiaro quel quadro che poi si è tramutato in numerose informative inviate alla magistratura, dalle quali, com’è noto, erano scaturiti i provvedimenti preventivi previsti dalla Legge nei confronti dei mafiosi palmesi di maggior spicco.
E’ opportuno, altresì, ricordare che in occasione dell’omicidio del Giudice Antonino Saetta e di suo figlio Stefano l’acume investigativo del Maresciallo Guazzelli portò all’individuazione dei sospetti responsabili, tutti poi uccisi in agguati mafiosi. Come si ricorderà, infatti, nel rapporto redatto dal Nucleo Operativo Carabinieri di Agrigento (all’epoca brillantemente comandato dal Maresciallo Guazzelli) e rimesso alla magistratura nissena, vennero segnalati in termini di grave sospetto il capo mafia di Canicattì (ritenuto il mandante, per rendere un favore agli assassini del Capitano dei Carabinieri Basile) il “braccio destro” di costui, nonché noti esponenti della criminalità organizzata palmese dell’epoca.
Nonostante fosse giunto alle porte della pensione (era in ausiliaria), costante era il suo generoso impegno nella lotta alla mafia ed è certamente per gran parte del suo merito se tanti altri suoi collaboratori riuscirono ad essere depositari di una valida memoria storica, che ha certamente portato un grosso contributo al prosieguo della lotta stessa.