Primo spettacolo in cartellone, “Antigone”, apre ufficialmente la stagione di prosa 2019/2020 del teatro Pirandello.
In scena sabato 30 novembre alle 21 e domenica primo dicembre alle 17,30.
Antigone di Sofocle,
la grande tradizione della tragedia greca approda sul palco del teatro Pirandello.
Il primo della rassegna di spettacoli di prosa del cartellone 2019/2020.
Regia di Laura Sicignano, protagonisti Sebastiano Lo Monaco e Barbara Moselli, produzione dello Stabile di Catania.
Traduzione e adattamento Laura Sicignano e Alessandra Vannucci e con Lucia Cammalleri, Egle Doria, Luca Iacono, Silvio Laviano, Simone Luglio, Franco Mirabella, Pietro Pace, scene e costumi Guido Fiorato, musiche originali eseguite dal vivo da Edmondo Romano, luci Gaetano La Mela, foto di scena Antonio Parrinello.
Note di regia
“La scelta di Antigone – afferma la regista Laura Sicignano – mi appare necessaria qui e ora: affrontare il mito in una terra – la Sicilia – che si è nutrita di grecità e che si dibatte quotidianamente tra potere e strapotere, ribellione e anarchia, eroi del bene e del male, fiera di un’identità, frutto di una stratificazione di popoli.
Per riflettere su questi temi e renderne l’universalità, miei primi compagni di viaggio saranno un attore siciliano di tradizione classica – Sebastiano Lo Monaco – nei panni di Creonte, contrapposto ad un’Antigone – Barbara Moselli – che pur provenendo da una scuola classica, si è mossa spesso
nei teatri di frontiera.
Il testo viene asciugato, l’azione e la relazione sono privilegiate rispetto alla dizione. La drammaturgia si intreccia con il suono e la musica dal vivo. Lo spazio astratto e visionario richiama macerie di palazzi sventrati, evoca scenari mediorientali di guerre infinite, tecnologia e miseria.
Qui si contrappongono la parola del potere e quella della ribellione, la pietas dei giovani – che giunge agli estremi del cupio dissolvi – contro la Ragion di Stato degli adulti. Antigone nel momento in cui
si affaccia alla vita adulta, preferisce trasformarsi in martire in nome di una radicale negazione del mondo. I giovani di questa tragedia si immolano. Il vuoto dei padri inghiotte quello dei figli, in un vortice che implode davanti agli occhi del mondo. Tutti i personaggi invocano gli dei, ma non arriverà
alcun deus ex machina a riportare la pace”.
All’indomani di una guerra civile, Creonte re di Tebe deve riportare la pace tra le macerie attraverso un editto: il sovrano condanna a rimanere insepolto il cadavere di Polinice, uno dei fratelli contendenti. Creonte come nuovo regnante è consapevole che il suo dovere ora è sancire il confine tra vincitori e vinti, scrivendo la Storia con la Ragion di Stato e sradicando ogni possibile focolaio di ribellione. Si oppone a queste leggi Antigone, senza odio personale, in nome di una giustizia umana che precede e supera le leggi.
È lei a scatenare il conflitto irrisolvibile con Creonte, ponendosi nel destino tragico che ha contrassegnato la stirpe dei Labdacidi. La pietas di Antigone la pone ora come estranea alle leggi della città, in diretto contatto con le leggi degli dei e dei morti. Madonna pagana piangente sul corpo del fratello, celebra il rito e diventa pericolosamente anarchica. Creonte e Antigone si fronteggiano in enormi solitudini, a costo di perdere ogni felicità.