Aragona: Antonella e le mamme con figli disabili gravi scrivono a Gentiloni
Mamme aragonesi disperate, con figli costretti in carrozzina da una malattia neurodegenaritiva, andate anche nelle reti nazionali, come l’Arena di Raiuno, condotto da Massimo Giletti, adesso sulla piattaforma on line Progressi è stata lanciata una petizione che ha superato le 11mila firme. Escluse dalla Legge 104, costrette a fare le pendolari, chiedono che sia emendato l’articolo 7 del testo unico sul pubblico impiego per consentire a chi ha figli disabili gravi di lavorare nel Comune di residenza.
«Signor presidente, ogni giorno siamo posti dinnanzi ad una scelta: assistere i nostri figli non autosufficienti o abbandonarli per andare a lavorare. Le chiediamo un gesto speciale per la festa della mamma: impegni il governo a cambiare la norma che non tutela i dipendenti pubblici come noi docenti e genitori di disabili gravi dal rischio di essere annualmente assegnati a centinaia di chilometri dai nostri figli». Inizia così la lettera appello inviata al premier Paolo Gentiloni da Antonella Zammitto, di Aragona, a nome di tutte le mamme di figli disabili gravi.
La giornata di Antonella, inizia prima delle 6 per accudire il figlio Andrea, 19enne costretto in carrozzina da una malattia neurodegenaritiva. Titolare di cattedra a Catania, a 200 chilometri di distanza, in questi ultimi anni è stata assegnata con un provvedimento provvisorio dall’ufficio scolastico regionale ad Aragona, ma il primo settembre la signora Zammito sarà costretta a ritornare a Catania, se la domanda di mobilità non avrà esiti favorevoli. «Andrea si nutre per Peg, è tracheostomizzato, non parla, comunica con i gesti e con il movimento degli occhi e della testa», spiega la madre, che ogni mattina deve collegare la pompa dell’alimentazione al sondino allo stomaco, liberare le vie respiratorie per evitare crisi, somministrare i primi farmaci della giornata.
«Intanto l’altro mio figlio, Claudio, ha suo malgrado rinunciato all’infanzia e imparato a sbrigarsi da solo. I primi anni riuscivo a lavorare a 30 chilometri dal mio paese, ma col tempo il quadro patologico di Andrea è aumentato, è necessario intervenire tempestivamente e con consapevolezza e sono responsabilità che non si possono affidare ad altri. L’asettico algoritmo del ministero che ci assegna alle varie sedi non riconosce la gravità della nostra situazione». Per questo, non usufruendo neanche dei benefici della Legge 104, il gruppo di mamme ha fatto una petizione intitolata Non possiamo lasciarli soli dalla piattaforma Progressi.org, firmata da oltre 11mila persone e rivolta anche alla ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia e a quello dell’Istruzione Valeria Fedeli.
Il coordinamento di mamme chiede che sia emendato l’articolo 7 del testo unico sul pubblico impiego per consentire di lavorare a chi ha figli disabili gravi nel Comune di residenza, come previsto per i coniugi dei militari e categorie simili. Ora l’appello al premier Gentiloni, nel giorno della festa della mamma. Una battaglia di civiltà fatta di ostinate rinunce e sacrifici, condotta per alleviare dal doppio onere quei genitori che devono badare a figli che non saranno mai autosufficienti, costringendoli ogni giorno a una scelta tra il lavoro a distanza e la famiglia, con le sue necessità.
«Tutto deve essere svolto con calma, pazienza, serenità, non esistono movimenti veloci, o dire “è tardi! Sbrighiamoci” – dice Antonella -. La fretta, infatti, farebbe impiegare più tempo perché poi partono le distonie… e allora dovrei attendere e massaggiarlo. Poi ci sono la fisioterapia, la logopedia, le visite mediche, le infinite pratiche burocratiche. Abbiamo bisogno di lavorare, ma come facciamo a fare le mamme se veniamo assegnate lontano da casa? Da tredici anni – continua Antonella – presento regolarmente domanda di trasferimento all’Usp di Agrigento indicando come prima sede Aragona. I posti disponibili sono pochi e sono occupati da chi risulta disabile al 67 per cento, una percentuale in cui può rientrare anche chi ha patologie lievi come l’asma. Cosi si compie il disgiungimento familiare di Stato».