E’ stata intitolata, ieri pomeriggio ad Aragona, all’ingresso della cittadina, una strada a Don Pino Puglisi. Presenti all’intitolazione oltre le Autorità Civili e Militari della provincia di Agrigento, anche Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, Don Angelo Chillura, Arciprete di Aragona ed il Sindaco di Aragona, Giuseppe Pendolino. Don Giuseppe Puglisi, detto Pino, è stato un presbitero, educatore e insegnante italiano, ucciso da Cosa nostra nel giorno del suo 56º compleanno a causa del suo impegno evangelico e sociale. Nato, il 15 settembre 1937 a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, cortile Faraone, da una famiglia modesta; il padre Carmelo era un calzolaio e la madre Giuseppa Fana era una sarta. Nel 1953, a 16 anni, entrò nel seminario arcivescovile di Palermo. Il 25 maggio 2013, sul prato del Foro Italico di Palermo, davanti a una folla di circa centomila fedeli, è stato proclamato beato. La celebrazione è stata presieduta dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, mentre a leggere la lettera apostolica di beatificazione è stato l’arcivescovo emerito Salvatore De Giorgi, delegato da papa Francesco. È stato la prima vittima di mafia riconosciuta come martire della Chiesa.
“È stato grande onore aver partecipato all’intitolazione di una strada al Beato Padre Pino Puglisi nella vicina Aragona. Un grande uomo, un sacerdote, assassinato dalla mafia nel giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993 a soli 56 anni”. – Sono le parole del Sindaco di Comitini, Luigi Nigrelli, che ha commentato con un post sul portale Facebook, e continua –“La sua unica – colpa – : essersi preso cura di bambini e ragazzi cercando di educarli e di sottrarli alle organizzazioni criminali. Le sue “armi” sono state un sorriso, una scatola di cartone e un pallone da calcio. Al suo assassino, prima di morire, don Pino ha rivolto tre semplici parole: – Me lo aspettavo -”.
“Ad Aragona oggi nel corso di una cerimonia una via è stata intitolata a Padre Pino Puglisi, il cui reliquiario è stato accolto in città”. – Sono le parole del Sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè, che ha commentato con un post sul portale Facebook, e continua – “Primo sacerdote ucciso dalla mafia, il 15 settembre 1993, il giorno del suo compleanno. Proclamato Beato da Papa Benedetto sedicesimo. Predicatore del Vangelo tra i giovani, contro le devianze criminali.
Pagò con la vita il suo impegno contro la mafia liberando le nuove generazioni dalla mafia. Un esempio. Una testimonianza storica. Da tramandare e alimentare nel tempo”.
Chi era Don Pino Puglisi
Il 2 luglio 1960, all’età di 22 anni, fu ordinato presbitero dall’allora arcivescovo di Palermo, il cardinale Ernesto Ruffini. Nel 1961 fu nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del Santissimo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e successivamente rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi. Nel 1963 fu nominato cappellano presso l’orfanotrofio Roosevelt e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi, borgata marinara di Palermo. Fu in questi anni che padre Puglisi cominciò a maturare la sua attività educativa rivolta particolarmente ai giovani. Il 1º ottobre 1970 venne nominato parroco a Godrano, un paese della provincia palermitana che in quegli anni era interessato da una feroce lotta tra due famiglie mafiose. L’opera di evangelizzazione del prete riuscì a far riconciliare le due famiglie. Rimase parroco a Godrano fino al 31 luglio 1978. Dal 1978 al 1990 ricoprì diversi incarichi: pro-rettore del seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni, responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale, docente di matematica e di religione presso varie scuole, animatore presso diverse realtà e movimenti tra i quali l’Azione Cattolica e la FUCI. Il 29 settembre 1990 venne nominato parroco della chiesa di San Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, in cui la criminalità organizzata esercitava il proprio controllo tramite i fratelli Graviano, legati a Totò Riina e Leoluca Bagarella: qui incominciò la lotta antimafia di padre Pino Puglisi. Egli non tentava di riportare sulla giusta via coloro che erano già entrati nel vortice della mafia, ma cercava di non farvi entrare i giovani che vivevano in un clima sociale e culturale che poteva portarli a considerare i mafiosi degli idoli e delle persone meritevoli di rispetto. Il sacerdote, infatti, attraverso attività e giochi, desiderava far capire che si può ottenere rispetto dagli altri semplicemente per le proprie idee e i propri valori, in onestà e nel pieno rispetto della legge. Si rivolgeva spesso esplicitamente ai mafiosi durante le sue omelie, a volte anche sul sagrato della chiesa. Don Puglisi riuscì a prendere sotto la propria protezione ragazzi e bambini che, senza il suo aiuto, sarebbero stati inevitabilmente risucchiati dal mondo mafioso. Il suo togliere giovani alla mafia fu la principale causa dell’ostilità dei boss, che lo consideravano un ostacolo e decisero di ucciderlo, dopo una lunga serie di minacce di morte di cui don Pino non parlò mai con nessuno e che non lo portarono a desistere dai suoi scopi. Nel 1992 venne nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione. Il 15 settembre 1993, giorno del suo 56º compleanno, intorno alle 20:40 venne ucciso davanti al portone di casa, a Brancaccio, in piazzale Anita Garibaldi, traversa di viale dei Picciotti nella zona est di Palermo. Sulla base delle ricostruzioni, l’assassinio venne condotto con uno stile tipico delle esecuzioni mafiose: don Pino era arrivato a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall’automobile, si era avvicinato all’ingresso della sua abitazione, quando qualcuno lo chiamò e lui si voltò, mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e gli sparò un colpo di pistola alla nuca, uccidendolo all’istante. I funerali si svolsero il 17 settembre. Il 19 giugno 1997 venne arrestato a Palermo il mafioso Salvatore Grigoli, accusato di aver ucciso don Pino Puglisi. Grigoli era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza; dopo l’arresto, sia Grigoli sia Spatuzza sembrarono intraprendere un cammino di pentimento, conversione e collaborazione con la giustizia. Lo stesso Grigoli confessò 46 omicidi, compreso quello di padre Puglisi, riguardo al quale disse di essere stato lui ad esplodere il colpo fatale mentre Spatuzza rubava il borsello a Puglisi e gli gridava “Padre, questa è una rapina!“, minaccia di fronte alla quale il prete sorrise e rispose con un criptico “Me lo aspettavo“, e spiegò anche come, in origine, il rigido codice d’onore mafioso imponesse di non fare del male ai sacerdoti, in quanto storicamente la Chiesa cattolica non si era mai schierata contro Cosa nostra. Mandanti dell’omicidio furono i capimafia Filippo e Giuseppe Graviano, arrestati il 26 gennaio 1994. Giuseppe Graviano venne condannato all’ergastolo per l’uccisione di don Puglisi il 5 ottobre 1999. Il fratello Filippo, dopo l’assoluzione in primo grado, venne condannato in appello all’ergastolo il 19 febbraio 2001. Furono condannati all’ergastolo dalla Corte d’assise di Palermo anche Luigi Giacalone, Cosimo Lo Nigro e Gaspare Spatuzza, gli altri componenti del commando che aspettò sotto casa il prete, mentre Salvatore Grigoli fu condannato a 16 anni. Sulla tomba di Puglisi, nel cimitero di Sant’Orsola a Palermo, sono scolpite le parole del Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Il 2 giugno 2003 qualcuno murò il portone del centro “Padre Nostro” con dei calcinacci, lasciando gli attrezzi vicino alla porta.