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CGA conferma sospensione di demolizione di un immobile a Lampedusa

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Il CGA conferma la sospensione dell’ordine di demolizione di un immobile a Lampedusa, inammissibile la richiesta di revoca della pronuncia cautelare avanzata dalla vicina confinante.

Nel luglio del 2000, a Lampedusa, il Comune ha rilasciato una concessione edilizia al signor S F, sono le iniziali del nome, per la costruzione di un immobile a piano terra e piano seminterrato su un terreno di sua proprietà.
Dopo oltre 14 anni, il Comune, su esposto della proprietaria del terreno confinante, ha annullato in autotutela la concessione edilizia rilasciata nel 2000, ed  ha ordinato la demolizione dell’immobile.
 Il signor S F, ha presentato un ricorso al TAR Palermo che tuttavia, conclusa in senso negativo la fase cautelare, lo rigettava dichiarandolo inammissibile in accoglimento dell’eccezione della vicina di casa C.M. intervenuta nel giudizio.
A questo punto il sig. S.F. si rivolgeva agli avvocati Rubino e Fallica per promuovere appello e chiedere la sospensione della sentenza del TAR Palermo.
In particolare, gli Avvocati Rubino e Fallica, in grado di appello, hanno ribadito l’ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio ed  hanno censurato l’illegittimità dell’operato del Comune di Lampedusa sia sotto il profilo della violazione di legge, avendo il Comune adottato il provvedimento di annullamento in contrasto con i principi che regolano il potere di autotutela, sia sotto il profilo dell’eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, ritenendo fondate le tesi formulate dagli avvocati Rubino e Fallica e riconoscendo inoltre il pregiudizio grave ed irreparabile incombente per il signor S F, ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.
Avverso il predetto pronunciamento cautelare, ha proposto istanza di revocazione la sig.ra C.M. lamentando l’erroneità dell’operato del CGA e la violazione del nel principio del ne bis in idem per contrasto con un precedente cautelare reso tra le parti nella precedente fase del giudizio.
A questo punto, la difesa del sig. S.F. ha eccepito l’inammissibilità della richiesta di revocazione, sotto diversi profili, e l’inapplicabilità del principio del ne bis in idem rispetto ai pronunciamenti cautelari resi in diverse fasi dello stesso giudizio.
In accoglimento della tesi degli Avv.ti Rubino e Fallica il CGA ha dichiarato l’istanza di revocazione chiaramente inammissibile  “posto che né risultano essersi verificati mutamenti nelle circostanze di fatto e neppure sono stati allegati fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare” e  “perché non viene dimostrata la sussistenza di alcun errore revocatorio riconducibile alle ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c.”.
Ed ancora, il CGA ha affermato che  “in termini generali e astratti nel processo amministrativo non è configurabile – e comunque nella fattispecie non viene in considerazione – alcun giudicato cautelare, né risulta deducibile alcuna violazione del principio del divieto di “bis in idem” dato che è venuta e viene nuovamente all’esame di questo CGA un’ordinanza cautelare, pronunciata previo sommario esame della vicenda”.    
Per effetto della predetta pronuncia resta ferma la sospensione dell’ordine di demolizione irrogato dal Comune di Lampedusa, mentre la sig.ra C.M. dovrà pagare le spese legali del giudizio di revocazione.

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