Agrigento, Comuni, Cronaca, Siculiana

Commissariata la Soprintendenza dei Beni Culturali di Agrigento

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Il Sig. D.F. di 45 anni di Siculiana, titolare della ditta “S.C.”,  esercita attività di cava nel territorio di Siculiana ed in particolare attività di estrazione ed escavazione della pietra e della roccia calcarea.  La predetta società è proprietaria di un fondo di terreno catastalmente distinto alle particelle nn. 307 e 308 del foglio di mappa n.14; la stessa società è altresì proprietaria di un fondo limitrofo nel territorio del comune di Siculiana. Con D.A. n. 7 del 29 Luglio 2013 le suddette particelle venivano sottoposte a vincolo paesaggistico essendo (erroneamente) identificate all’interno del piano paesaggistico provinciale quali “territori coperti da foreste e da bosco”: Con istanza inoltrata nel 2014 l’imprenditore siculianese chiedeva alla Soprintendenza di Agrigento di procedere alla revisione del Piano territoriale paesistico relativamente alla qualificazione delle sopra precisate particelle allegando un’articolata consulenza di parte redatta dal Dr. Giuseppe Castellana, Agronomo,attestante l’assenza dei presupposti richiesti ai fini della loro identificazione quali aree boschive; ma l’istanza non veniva riscontrata.  L’imprenditore pertanto nel 2016 sollecitava la Soprindenza chiedendo notizie in merito all’istruttoria della pratica; la Soprintendenza laconicamente rispondeva che “sono tuttora in corso l’esame e le analisi delle opposizioni e delle osservazioni presentate all’adottato Piano Paesaggistico della Provincia di Agrigento…”. Nel 2017 allora l’imprenditore notificava un atto di invito alla Soprintendenza, invitandola alla definizione del procedimento; ma anche tale atto restava privo di riscontro. Da qua la determinazione dell’imprenditore di proporre un ricorso davanti al TAR Sicilia, con il patrocinio degli Avvocati Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi, per la declaratoria di illegittimità del silenzio inadempimento formatosi sull’istanza avanzata alla Soprintendenza, nonchè per l’accertamento dell’obbligo di provvedere mediante definizione del procedimento. In particolare gli Avvocati Rubino e De Marco Capizzi hanno lamentato la violazione della normativa sul procedimento amministrativo, laddove prevede l’obbligo della Pubblica Amministrazione di concludere il procedimento iniziato ad istanza di parte mediante l’adozione di un provvedimento espresso, citando giurisprudenza del TAR Sicilia secondo cui è conclamata la “possibilità per il privato di tutelare l’interesse all’adozione dell’atto conclusivo del procedimento mediante  una pronuncia che ponga a carico dell’Amministrazione l’obbligo specifico di pronunziarsi”. Si è costituita in giudizio la Soprintendenza dei Beni Culturali di Agrigento, con il patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, per chiedere il rigetto del ricorso. Il TAR Sicilia,Palermo, Sezione Prima, Presidente il Dr. Calogero Ferlisi, Relatore il Dr. Sebastiano Zafarana, ritenendo fondate le censure formulate dagli Avvocati Rubino e De Marco Capizzi, ha accolto il ricorso, dichiarando l’illegittimità del silenzio inadempimento e ordinando alla Soprintendenza di provvedere entro trenta giorni alla definizione del procedimento, condannando la Soprintendenza al pagamento delle spese giudiziali e nominando commissario ad acta per l’ipotesi di ulteriore inadempienza il Segretario Generale della Presidenza della regione siciliana. Pertanto, laddove la Soprintendenza non ottempererà alla sentenza entro trenta giorni, si insedierà quale commissario ad acta il segretario generale della Presidenza della regione Siciliana che provvederà in via sostitutiva a spese della Soprintendenza.

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