Una scelta legata ai timori di una seconda ondata di coronavirus. Ora, per passare dalle parole ai fatti, serve una nuova delibera del Consiglio dei ministri, dopo quella del 31 gennaio 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio 2020 n. 26, che aveva dichiarato per sei mesi lo «stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili».
L’avanzare esponenziale del coronavirus nel mondo e i casi di importazione dal Bangladesh, dove al 10 luglio si contano ben 115 contagi, ha spinto il Comitato tecnico scientifico e il ministero della Salute a invocare la proroga. Sotto la lente i casi di importazione che vengono sempre più filtrati negli scali aeroportuali e hanno spinto il ministro della Salute Roberto Speranza a bloccare ingresso e transito in Italia da 13 Paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana. Il timore resta quello di una seconda ondata in autunno, alla quale mettere freno con dpcm e ordinanze per contenere subito eventuali focolai.
Lo stato d’emergenza consente di emanare disposizioni rapidamente, anche in deroga alle norme vigenti. Crea lo scenario in base al quale varare nuovi Dpcm. Basta ricordare le misure di lockdown adottate dal governo, immediatamente operative con un semplice Dpcm, senza dover passare attraverso l’esame del Parlamento. Potranno essere prorogate, tramite nuovi decreti, anche le misure sullo smart working della Pubblica amministrazione o quelle di affidamento di appalti con percorsi smart. La proroga dell’emergenza consente anche, in caso di una seconda ondata di Covid, di rendere agile l’apertura di posti letto in alberghi o caserme. Anche la Protezione civile potrà continuare ad acquistare mascherine e dispositivi di protezione senza dover affrontare le complesse procedure di gara, che frenerebbero gli acquisti più urgenti.
Procedure rapide anche per gli acquisti necessari al nuovo incarico di Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia e commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 e, da pochi giorni, chiamato anche a gestire il ritorno degli studenti nelle scuole. Solo per tornare in classe il commissario ha calcolato che ci vorranno dieci milioni di mascherine al giorno.