IL GHIACCIO, UN ALIMENTO TROPPO SPESSO SOTTOVALUTATO
INGA, ISTITUTO NAZIONALE DEL GHIACCIO ALIMENTARE, HA PRESENTATO A PALERMO IL PRIMO MANUALE PER IL «GHIACCIO SICURO» APPROVATO DAL MINISTERO DELLA SALUTE. NEL CORSO DEL CONVEGNO, EVIDENZIATI ANCHE I RISULTATI DELLA RICERCA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE E FORESTALI DELL’UNIVERSITÀ DI PALERMO SULLA CONTAMINAZIONE DEL GHIACCIO PER USO ALIMENTARE.
Un incontro a tu per tu con il ghiaccio e le sue proprietà. Per comprenderne i segreti, indagarne i probabili rischi e imparare a gestirne al meglio la produzione e la conservazione. Nella sala congressi di Confindustria Sicilia, a Palermo, INGA, Istituto Nazionale del Ghiaccio Alimentare, ha presentato il Manuale di corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare, vademecum approvato dal Ministero della Salute e redatto, per la prima volta in Europa, per stabilire le buone prassi nella gestione del ghiaccio.
Un approfondimento tenutosi non a caso in Sicilia, dove il «Manuale Ghiaccio Sicuro» affonda le sue radici: «Il nostro è territorio in cui la tradizione della produzione di ghiaccio è antichissima e nobile, basta pensare agli storici nevaroli. Una produzione sicura che oggi, con tecniche moderne, continua ad assicurare la massima salubrità del prodotto, per noi e per i nostri figli – ha ricordato il dott. Ignazio Tozzo, Direttore Generale Assessorato alla Salute, Regione Siciliana, Palermo, aggiungendo: – Questa giornata è stata particolarmente importante anche perché, per la prima volta, pubblico, privato, tecnici, imprenditori e studiosi, si sono ritrovati fianco a fianco per mettere in campo risorse e conoscenze per un settore di solito poco considerato».
Il ghiaccio, infatti, spesso non viene trattato alla stregua di un alimento che come tale va prodotto, stoccato e somministrato, attenendosi a quanto la normativa vigente prevede per la tutela massima del consumatore. «Per questo – ha specificato il dott. Giuseppe Plutino, Direttore Ufficio 5, nutrizione e informazione al consumatore. Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione. Ministero della Salute – come Ministero abbiamo recepito e approvato il Manuale, pubblicandolo in gazzetta ufficiale e provvedendo all’invio a Bruxelles per il suo recepimento a livello comunitario. Obiettivo: garantire qualità, sicurezza e tracciabilità sia per chi con il ghiaccio lavora, come i baristi, sia per chi ne fa uso, e dunque tutti i consumatori».
INGA, in particolare, ha l’obiettivo di promuovere i corretti principi della tecnica di produzione, sia industriale che di autoproduzione, nonché quelli di conservazione e distribuzione, come spiegato dal dott. Carlo Stucchi, Presidente Istituto Italiano Ghiaccio Alimentare, Roma: «Purtroppo oggi la produzione, conservazione e somministrazione di ghiaccio non sono tenute nella dovuta considerazione. Nei piccoli esercizi che autoproducono ghiaccio accade che non sempre si utilizzi acqua con i requisiti necessari a renderla idonea al consumo umano, non sempre si effettuano con continuità le operazioni di sanificazione delle macchine produttrici e delle attrezzature utilizzate per lo stoccaggio, non si ha alcuna evidenza e certezza che tutti i materiali che vengono a contatto col ghiaccio siano idonei al contatto con gli alimenti né si hanno procedure chiare e scritte su come gli addetti debbano manipolare il ghiaccio o su come vada stoccato e movimentato. In pratica, la produzione, conservazione e somministrazione di ghiaccio sono attività che oggi nella maggioranza dei casi non vengono incluse nel sistema HACCP. Il primo passo auspicabile dovrebbe dunque essere proprio quello di includere queste importanti attività di produzione alimentare nel sistema HACCP».
Non solo: per la produzione industriale, le attenzioni dovrebbero essere ancora più stringenti altrimenti anche in Italia rischia di accadere ciò che è accaduto in altri Paesi, come la Spagna, dove vi sono tanti piccoli, medi e grandi produttori poco controllati, che solo in parte seguono seriamente le regole per la produzione di alimenti. In Italia, infatti, negli ultimi anni sono nati decine di piccoli produttori artigianali che producono con piccole macchine del ghiaccio, imbustano (spesso manualmente senza seguire alcuna procedura) e vendono ghiaccio senza alcun controllo, molto spesso senza rispettare la tracciabilità degli alimenti, senza verifiche sui materiali di confezionamento utilizzati, senza un n. di lotto indicato sulle confezioni, senza avere contezza dell’acqua utilizzata. «Per tutte queste piccole realtà che operano in questo mercato e per tutte quelle che sono in procinto di farlo, il Manuale diventa uno strumento non solo utile ma direi quasi essenziale per la tutela del consumatore finale – ha aggiunto il dott. Stucchi, rilevando – Il ghiaccio è un alimento al quale bisogna stare molto attenti, sia in termini di salute sia in termini di mercato. Un mercato che in alcuni paesi del Mondo è già estremamente sviluppato (es: USA giro d’affari di 4 miliardi di dollari). Fra i paesi europei, la Spagna la fa oggi da padrona con un consumo annuo di oltre 400.000 tonnellate di ghiaccio di cui il 50% circa è autoprodotto e l’altro 50% prodotto e confezionato in grandi stabilimenti produttivi, mentre, secondo quanto rilevato dall’International e European Packaged Ice Association, l’Italia è il paese con il più alto potenziale di crescita che, in pochi anni potrebbe arrivare a contare un consumo di oltre 500.000 tonnellate. Nel 2010, infatti, secondo quanto rilevato da uno studio di Bain & Company, le tonnellate autoprodotte e consumate in Italia sono state oltre 170.000. I bar diurni consumano all’anno 58.000 tonnellate di ghiaccio e i ristoranti 25.000 tonnellate. Oltre il 60% del consumo avviene tra giugno e settembre. Direi dunque, che gli interessati alla sicurezza del ghiaccio alimentare che viene prodotto e consumato sono davvero tanti ed è importante che questo comparto, dalle grandi potenzialità, possa crescere bene ed in totale sicurezza».
E questo anche in riferimento all’autoproduzione: poco igienica e anche dispendiosa. Basti pensare che per produrre 78 kg di ghiaccio, utili per quasi 800 cocktail, si spendono più di 150 euro, oltre 100 solo per l’elettricità. Senza contare che, a livello igienico, non tutti utilizzano acqua idonea al consumo, non tutti effettuano con continuità le operazioni di sanificazione delle macchine e delle attrezzature utilizzate per la produzione e lo stoccaggio né si ha la garanzia che gli addetti usino le accortezze necessarie per la manipolazione del ghiaccio prodotto. «Molti bar, discoteche, pub, ristoranti e altri operatori del settore turistico e ristorativo producono ghiaccio che in molti casi (come evidenziato in vari articoli di stampa) non può essere considerato alimentare, utilizzandolo, lecitamente, per raffreddare le bottiglie e illecitamente a diretto contatto con alimenti e bevande. Anche il ghiaccio prodotto da appositi macchinari, è risultato non a norma dalla maggior parte delle analisi fatte. Questo perché spesso la macchina non viene sottoposta alle necessarie operazioni di pulizia, manutenzione e sostituzione dei filtri» – ha denunciato il dott. Alessandro Rossato, Consulente sistemi di gestione e Risk Assessment settore food e produzione primaria, socio fondatore Iseven Servizi di Misano di Gera d’Adda (BG), aggiungendo: «Il ghiaccio alimentare nasconde pericoli o contaminanti suddivisibili in tre tipologie. Fisici: rappresentati da corpi estranei di varia natura che possono contaminare il ghiaccio e creare danni al consumatore se ingeriti; Chimici: sostanze chimiche che, se presenti nel ghiaccio in concentrazioni superiori a quelle definite, possono essere dannose per la salute dell’uomo; Biologici: rappresentati da organismi viventi o loro parti, appartenenti a domini e specie diverse che con diverse modalità possono causare malattie nel consumatore, se assunti con il ghiaccio. Per questo bisogna seguire il sistema HACCP».
Occhi aperti, dunque, in bar, pub, ristoranti, discoteche. Il congelamento, infatti, a seconda delle condizioni nelle quali viene effettuato, porta alla morte di una percentuale dei microrganismi eventualmente presenti, ma mai alla loro completa eliminazione. A dimostrarlo, anche la ricerca effettuata dal Dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell’Università di Palermo, con il prof. associato Luca Settanni che ha spiegato: «Abbiamo campionato 5 aziende produttrici, 5 esercizi commerciali e 5 congelatori domestici per rilevare e quantificare la presenza di microrganismi vitali nel ghiaccio alimentare, valutare le differenze in termini di concentrazione e diversità dei microrganismi (a livello di gruppo/famiglia) di sistemi produttivi differenti, identificare i microrganismi a livello di specie, rilevare la presenza di microrganismi VBNC, individuare le fonti di contaminazione e valutare il trasferimento dei microrganismi dal ghiaccio a sistemi alimentari modello. Da tali indagini, si è concluso che il ghiaccio trasferisce microrganismi vitali e che anche i microrganismi eucarioti sono in grado di sopravvivere nel ghiaccio. Inoltre è emerso che i batteri coliformi non sono stati ritrovati nei campioni di ghiaccio prodotti in aziende specializzate e a livello domestico, ma sono stati ritrovati negli esercizi commerciali e che addirittura un’azienda ha mostrato alti livelli di quasi tutti i microrganismi oggetto di indagine (enterococchi inclusi). Dunque: le caratteristiche igieniche del ghiaccio prodotto da aziende specializzate non sono allarmanti, sebbene ci siano differenze fra piccole realtá locali e realtá industriali piú strutturate, ma è necessario approfondire le problematiche microbiologiche della produzione del ghiaccio alimentare autoprodotto. La qualità finale del ghiaccio dipende, infatti, strettamente: dalla qualità dell’acqua, dall’igiene dei locali e delle superfici con cui entra in contatto, dalla conservazione e dalla consapevolezza degli operatori degli effetti preservanti del ghiaccio sui microrganismi. Fondi permettendo, inoltre, il Dipartimento proseguirà la ricerca applicando un approccio polifasico combinato fenotipico/genotipico per la caratterizzazione dei microrganismi e valutare I possibili interventi preventive»
«Emerge con assoluta evidenza – ha concluso Gaetano Armao, Avvocato Cassazionista, Docente di Diritto Amministrativo dell’Università di Palermo e Docente di Diritto dell’Economia nell’Università Mercatorum di Roma – come tale Manuale, strumento di soft regulation, costituisca un importante punto di partenza per una corretta normazione interna e comunitaria circa la produzione industriale e l’autoproduzione di ghiaccio alimentare. Esso, costituirà un sicuro presidio alla disciplina sanzionatoria essenziale per rendere effettivo il sistema di regole che si è inteso fornire al mercato, contemperando la tutela della salute con l’attività d’impresa e intervenendo tempestivamente in un mercato che è in via di formazione e presenta evidenti possibilità di crescita».
Il Manuale, dunque, intende essere uno strumento snello e operativo, che permetterà di promuovere la cultura del prodotto soprattutto in termini di auto-controllo, a favore di un operatore e di un consumatore più informato e sereno.
Inoltre, nonostante esista un’Associazione europea di Produttori di Ghiaccio, l’iniziativa per la stesura del Manuale è stata presa in Italia, ancora più precisamente in Sicilia, in quanto regione in cui ancora oggi si porta avanti la tradizione della produzione di ghiaccio con la massima professionalità, come dimostrato, tra le altre, da Ice Cube, leader in Italia di ghiaccio alimentare confezionato, proveniente dalle acque sorgifere del gruppo montuoso delle Madonie.
Per agevolare l’informazione, infine, INGA ha elaborato una brochure in cui sono trattate le tematiche del Manuale attraverso 5 “lo sai che” e 2 “consigli” per sciogliere ogni dubbio sul ghiaccio alimentare. Ulteriori informazioni su www.ghiaccioalimentare.it