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In quella piazza hanno violato la sua innocenza. La sua panchina rossa ora e lì

Aragona, nessuno potrà più passare con indifferenza davanti a quella panchina. 

Quindici anni e un desiderio. Un desiderio piuttosto inconsueto per una ragazzina della sua età. Voleva una panchina. Rossa. La voleva lì, nella stessa piazza in cui quattro anni fa quattro uomini, secondo l’accusa, “Bestie e pedofili quali erano” hanno stroncato la sua infanzia, stracciato il velo della sua innocenza e la sua purezza. La voleva nello stesso posto in cui chi ha visto e sentito “è stato zitto ed ha inneggiato l’omertà”. La voleva lì, in Piazza Aldo Moro, lo stesso luogo dove quella sera mentre le giostre giravano, lei, ancora bambina, diventava “testimone del mio stupro, costretta a subire senza via di scampo”.

E la giostra della sua vita girava. Girava come un vortice, risucchiandola nel terrore, nell’oscurità. Adesso è tempo di dire basta. È arrivato il tempo in cui i suoi aguzzini paghino. È arrivato il momento in cui Aragona veda quanto è avvenuto. Basterà posare uno sguardo fugace su quella panchina per ricordare. E la sua panchina e lì. Ancora fresca di vernice, rosso fiammante, con alle spalle il corpo martoriato di una donna, sant’Agata. È lì sotto gli occhi di tutti, come monito per chi quotidianamente perpetua violenze fisiche, verbali o psicologiche verso la propria donna. È lì come deterrente per chi nutre pensieri perversi nei confronti di anime innocenti. È lì per dire basta ad ogni forma di violenza o di sopruso verso i deboli e gli indifesi.

Nessuno può passare con indifferenza davanti a quella panchina. Nessuno può ignorarne il valore simbolico o cancellare le bruttissime pagine di cronaca che hanno visto protagonista, suo malgrado, una bambina di undici anni. È lì come prova di resilienza, la straordinaria capacità che ha saputo tirare fuori la vittima, trasformando la sua tragedia in qualcosa di buono.

“La violenza – scrive- non è la tua condanna, ma il tuo stesso silenzio sarà il tuo stesso tormento”. Dunque bisogna parlare, dare voce alle sofferenze, denunciare i propri aguzzini. Ma come? Non è facile trovare qualcuno che ti ascolti, che ti creda, che ti comprenda, che sappia leggere tra i tuoi pensieri confusi. Da qui l’idea di dare vita ad un’associazione, “La Rosa Bianca”, organizzazione di volontariato a sostegno di tutte le vittime di violenza. L’associazione, presieduta dall’avvocato Floriana Salamone, attraverso uno sportello operativo presso il CAV di Aragona, fornirà alle vittime consulenza penale e civile, psicologica e assistenza sociale, con l’ausilio di esperti nei vari settori.

“Panchina Rossa” e “Rosa Bianca” rappresentano due progetti importanti, non solo per la vittima che la prossima settimana vedrà comparire a giudizio davanti al giudice Stefano Zammuto, quattro uomini, un italiano di 60 anni e tre romeni tra i 22 e i 25 anni, accusati dello stupro, ma anche per tutte le donne e i bambini vittima di violenza.

Sabato, all’inaugurazione della panchina, in tanti si sono stretti attorno al dolore della famiglia, in composto silenzio e rispetto.

A presenziare l’evento c’erano Don Angelo Chillura – arciprete di Aragona; Giuseppe Pendolino, Sindaco di Aragona; Stefania Di Giacomo, Assessore alle pari opportunità; Francesco Morreale, Assessore ai Lavori Pubblici; Gioacchino Volpe- Presidente del Consiglio Comunale, Paolo Scibetta – Comandante Carabinieri Aragona, Enzo Mula, Presidente Rotary Aragona; Anita Castellano, Presidente CAV; Floriana Salamone, Presidente “Rosa Bianca”; Pina Butera, Dirigente Scolastico.

Foto a cura di MARIA RITA GRASSAGLIATA
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