Cronaca

Italiani in fuga dall’Isis rientrati dalla Libia

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Isis

10:03 –  In fuga dall’Isis e dal caos non solo i diplomatici italiani, tecnici d’azienda, marittimi ma anche famiglie che da sempre vivono a Tripoli, o in altre città, e che non hanno abbandonato il Paese neppure nei momenti più duri della guerra contro Gheddafi. “Stavolta è diverso”, dicono.  Una cinquantina di persone si è imbarcata su un catamarano che è arrivato in nottata ad Augusta. Tra i primi a sbarcare funzionari e addetti all’ambasciata italiana a Tripoli, compreso l’ambasciatore Giuseppe Buccino. Trasferiti documenti riservati della sede diplomaticai. Destinazione per tutti Roma. Un rientro ‘blindato’ per gli italialiani, i giornalisti sono stati tenuti a distanza.

Camera commercio italiana,ci sono ancora connazionali
La maggior parte delle aziende italiane attive in Libia “sono rientrate, ma ci sono ancora degli uffici attivi, a livello basso come efficienza, con pochissimo personale italiano, in particolare in zone del sud, meno a rischio”. Lo spiega all’ANSA il presidente della Camera di commercio italo-libica, Gian Franco Damiano. Si tratta di connazionali, spiega Damiano, che si trovano in condizioni molto difficili, con “mancanza di benzina, che limita i movimenti delle persone, blocca i trasporti e l’accesso agli aeroporti. Manca la corrente e l’acqua va e viene. La situazione è molto pesante”. In ogni caso, aggiunge, “chi è rimasto tiene un profilo abbastanza basso, in attesa di rientrare il prima possibile”. Sono aziende che lavorano “in cantieri, nell’impiantistica, nelle manutenzioni” e in alcuni casi “sono già stati depredati dopo il 2011”. Il presidente parla poi dei danni economici che una situazione del genere comporta, non solo per quanto riguarda il lavoro delle aziende in loco, che rischiano di perdere posizioni importanti a favore, in particolare, delle imprese turche, ma anche per l’inevitabile rallentamento delle importazioni italiane in Libia. Non è la prima volta che Damiano si trova a vivere una situazione del genere in Libia: “Ho vissuto anche la stagione della rivoluzione, che è stata molto problematica. Ma penso che la questione dell’Isis a Sirte potrebbe fare da catalizzatore tra i due governi per un nemico comune, come lo è stato Gheddafi, e su questo l’Italia dovrebbe aprire un tavolo ed essere fautore di un dialogo sui tempi lunghi”. Damiano ci tiene poi a ringraziare ambasciatore e console italiani “perché sono stati partner delle imprese, c’è stata grande collaborazione, non ci siamo sentiti abbandonati”.

Mons.Martinelli: ‘Io resto. Dietro i jihadisti c’è il petrolio’ 
“Devo rimanere. Come lascio i cristiani senza nessuno?”. Lo afferma il vicario apostolico a Tripoli Giovanni Martinelli in un’intervista a Radiovaticana, in cui spiega che “c’è tanta paura tra i civili”, non solo cristiani; si interroga sul ruolo della comunità internazionale nel cercare un dialogo con “questo Paese diviso che fa fatica a ritrovare innanzitutto l’unità interna”. Dietro ai jihadisti, osserva “c’è il petrolio della Libia, quello del Golfo Persico, eccetera”. E aggiunge: ‘E’ mancato il dialogo tra l’Italia e l’Islam’.

 

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