I reati contestati sono, a vario titolo, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.
L’attività investigativa, iniziata nell’aprile 2018, ha:
– acclarato l’esistenza di un sodalizio dedito all’usura tra i Comuni di Bagheria (PA), Ficarazzi (PA) e Villabate (PA);
– permesso l’individuazione delle vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza, costrette a rivolgersi agli arrestati per poter ricevere dei prestiti con un tasso usuraio variante. Tassi che, a seconda degli episodi, variavano dal 143% annuo e raggiungevano anche il 5.400% annuo (a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro). Alle vittime, inoltre, la restituzione della somma di denaro prestata veniva richiesta mediante violenza o minaccia, a titolo di compendio estorsivo;
– consentito di accertare che le attività illecite venivano svolte con metodologia mafiosa, atteso che i sodali evidenziavano alle vittime la provenienza mafiosa del denaro oggetto di finanziamento, con il chiaro intento di incutere timore e di garantirsi la restituzione degli importi pattuiti.
L’organizzazione criminale, anche con la collaborazione di una funzionaria in servizio presso una società di Riscossione (che forniva illecitamente notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti), una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti.
L’analisi del considerevole materiale investigativo acquisito anche con articolata attività tecnica e i puntuali riscontri eseguiti dai militari, consentivano di delineare con esattezza i ruoli ricoperti da ciascuno degli indagati.
Tra i vari episodi estorsivi, in relazione ai quali il GIP ha ritenuto fondati i gravi indizi di colpevolezza, è stato documentato anche il coinvolgimento di S. G. classe ’46, già capo del mandamento di Bagheria ed all’epoca sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, il quale delegava A. A. classe ’76, già imputato per 416-bis, entrambi destinatari della misura cautelare oggi eseguita. Sono, inoltre, stati oggi tratti in arresto:
– D. S. G. classe ’79, quale capo e organizzatore del sodalizio;
– D. G. A. cl. ‘68, in qualità di promotore e procacciatore di clienti;
– N. S. cl. ’71, per esser stato intermediario e erogatore materiale dei prestiti;
– T. A. classe ’64, R. G. classe ‘73, F. G. classe ’52, S. A. classe ’55, e F. V. classe ’47 (agli arresti domiciliari) coinvolti a vario titolo nell’associazione.
L’indagine, convenzionalmente denominata “Araldo”, è stata avviata focalizzando inizialmente l’attenzione investigativa sul D. G. A., pienamente inserito nel suddetto sistema di erogazione illecita di prestiti, che, in qualità di legale di un “uomo d’onore” intraneo alla famiglia mafiosa di Misilmeri (PA), aveva assunto, ripetutamente, la veste di portavoce del proprio assistito detenuto per messaggi e direttive da veicolare fuori dall’istituto penitenziario, garantendogli la periodica comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di pregresse attività delittuose.
L’attività di esecuzione, svoltasi a Palermo e provincia, ha visto l’impiego congiunto di circa 70 militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri.