Lui è Leo Gullotta. Il prossimo spettacolo in scena al Pirandello, il 21 e 22 dicembre, lo vedrà protagonista, in una rilettura di “Pensaci Giacomino”, di Pirandello, firmata da Fabio Grossi.
interpretazione di una storia di affidi, di nascite, di sentimenti
umani. Per ripensare luoghi comuni e limiti legislativi.
In scena Leo Gullotta, è lui è dare il volto ad Agostino Toti,
professore in pensione. Amatissimo interprete, siciliano, noto anche
come protagonista di cinema e televisione.
Insieme a lui, Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo
Vecchio, Francesco Maccarinelli, Valerio Santi, Sergio Mascherpa.
Lo spettacolo è diretto da Fabio Grossi che ha curato anche la lettura
drammaturgica del testo.
Vi aspettiamo, sabato 21 dicembre alle 21:00 e domenica 22 dicembre alle 17:30.
Note sul testo.
“Pensaci Giacomino nasce in veste di novella del 1915 per poi avere la
sua prima edizione teatrale, in lingua, nel 1917. Tutti i
ragionamenti, i luoghi comuni, gli assiomi pirandelliani sono presenti
in questa opera. Un testo di condanna, condanna di una società becera
e ciarliera, dove il gioco della calunnia, del dissacro e del
bigottismo e sempre pronto ad esibirsi. La storia racconta di una
fanciulla che rimasta incinta del suo giovane fidanzato non sa come
poter portare avanti questa gravidanza, il professore Toti pensa di
poterla aiutare chiedendola in moglie e potendola poi così autorizzare
a vivere della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più.
Naturalmente la società civile si rivolterà contro questa decisione
anche a discapito della piccola creatura che nel frattempo è venuta al
mondo. Finale pirandelliano pieno Di amara speranza, dove il giovane
Giacomino prenderà coscienza del suo essere, del suo essere uomo, del
suo essere padre e andrà via da quella casa che lo tiene prigioniero,
per vivere la sua vita con il figlio e con la giovane madre. Da qui si
desume quanto tutto questo possa svolgere il pensiero pirandelliano
nei confronti di una società che allora era misogina opportunista e
becera. Racconta di uno Stato patrigno nei confronti dei propri
cittadini soprattutto nei confronti della casta degli insegnanti,
sottopagati e bistrattati. Grande bella qualità del premio Nobel di
Agrigento nel prevedere il futuro e come raccontava Giovan Battista
Vico corsi e ricorsi storici, cioè nulla cambia nulla si trasforma:
ancora oggi si veste dei soliti cenci, unti e bisunti. Una società
quindi letta con la mostruosità di giganti opprimenti presenti
determinanti dequalificanti”.