Una ‘missione romana’ organizzata da Cosa nostra per uccidere, nella Capitale, Giovanni Falcone e il ministro della Giustizia Claudio Martelli, ma anche Maurizio Costanzo e altri giornalisti, tra i quali Andrea Barbato, Michele Santoro, Enzo Biagi e il presentatore Pippo Baudo. E’ quanto emerge dalla requisitoria del procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci durante il processo al boss latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Il dibattimento si celebra davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta.
Il pm Paci ha detto: “Nell’ottobre del 1991 si tenne una riunione alla quale parteciparono Totò Riina, Matteo Messina Denaro, Mariano Agate, Vincenzo Sinacori e i fratelli Graviano. Nel corso di quella riunione Riina annunciò la volontà di lanciare un’offensiva per dare risposta a quella che ormai era una disfatta annunciata (l’esito infausto del maxi-processo) e i cui responsabili erano a suo parere il ministro Martelli, Giovanni Falcone e l’onorevole Lima. Fu una sorta di chiamata alle armi”. Riina, ha raccontato il magistrato, avrebbe detto ai suoi “Dovete andare a Roma”, dove, ad aspettare i boss, ci sarebbe stato il calabrese Antonio Scarano, a dare man forte nel corso della cosiddetta “missione romana” per cercare gli obiettivi. A Roma avrebbero dovuto prendere l’esplosivo.
La riunione, tenutasi a Castelvetrano, ha aggiunto ancora il pm, “è importante anche per una sorta di fratellanza, una impresa criminale che nasce, da quel momento tra Matteo Messina Denaro e i fratelli Graviano, in particolare Giuseppe, che si legheranno al punto che entrambi si scambieranno i luoghi di latitanza, ma soprattutto non c’è più un momento che vede i due divisi da Matteo Messina Denaro nella strategia stragista. In tutti gli atti sono co-protagonisti. Anche il gioielliere Geraci ricorderà che Messina Denaro regalò un girocollo da 50 milioni a Giuseppe Graviano. Passavano insieme anche le vacanze fino all’arresto dei Graviano che risale al ’94”.