Era arrivato il momento… il Giovanni era pronto, a qualsiasi ora del giorno o della notte, per chiamare la levatrice. Il 5 agosto del 1957 fu chiamata la Rosina la levatrice di fiducia, lei non perdeva tempo. Sapeva quello che doveva fare, grazie alla sua esperienza. Non sempre il parto era facile, anzi. Quando si complicava bisognava correre a chiamare anche il medico. Quest’ultimo veniva interpellato solo in casi estremi, quando la partoriente era in gravi condizioni: nel quartiere degli Archi, ci si è sempre arrangiati alla meno peggio.
La Pina (mia madre) partorì in casa nella camera matrimoniale era il 5 agosto del 57… in una mattinata già calda, mio padre il Giovanni dopo essersi accertato che tutto era andato bene, andò subito in Piazza Archi a festeggiare con gli Amici di sempre presso il mitico Chiosco di Don Firili… Birra, Liquori ( STOCK, ROSSO ANTICO, STREGA, CYNAR…) la domenica successiva, già ero battezzato, perché si temeva per la sopravvivenza del piccolo Totò… (si temeva di finire nel Limbo), In casa si festeggiava con cioccolatini e confetti alle mandorle, offerti in un contenitore con un cucchiaio, si brindava con lo spumante Cinzano…
La culla era molto piccola, in legno decorato a mano, il materassino consisteva in un sacco di lana molto pieno e sulle coperte era steso un drappo il più bello possibile. Il tutto era tenuto fermo con una larga fettuccia di tela che passava negli appositi fori praticati ai lati della culla. La casa, all’epoca, non era molto climatizzata, anzi qualche volta i bambini morivano di polmonite nei primi mesi, soprattutto se avevano la sfortuna di nascere in inverno. Quando si temeva per la vita del nascituro, il battesimo veniva amministrato in casa subito dopo la nascita dalla levatrice e poi completato con la cerimonia in chiesa. Io per fortuna nacqui in estate…
Si cresceva senza tanti problemi, non c’erano giochi pericolosi per la salute e si era contenti di vivere con quello che passava il convento, si giocava con poco. Nei cortili e nelle contrade i bambini appartenevano alla comunità ed erano figli e nipoti di tutte le donne presenti, la loro sorveglianza e l’educazione era un fatto corale.