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Settimana Santa Aragonese – il “Mortorio”

Un unico filo conduttore lega il Mortorio a tutte le altre manifestazioni sacre che si susseguono e si intrecciano durante la Settimana Santa aragonese dai riti della Domenica delle Palme, che simboleggiano l’entrata di Gesù a Gerusalemme, a quelli della Domenica di Pasqua in cui i movimenti ritmici di Gesù risorto e Maria durante l'”Incontru” esprimono la gioia della Resurrezione e della salvezza dell’Umanità. Il Mortorio è una rappresentazione sacra che ripercorre e integra tutta la serie delle rievocazioni fatte nell’arco di tempo di una settimana attraverso i riti collettivi che hanno per scenario le vie del paese, le sue piazze e per attorigli abitanti stessi che diventano anche spettatori. Viene portato sulla scena periodicamente durante la Quaresima da improvvisate compagnie locali formate da attori dilettanti, a distanza anche di molti anni, richiamando sempre un gran numero di spettatori. Anticamente gli attori appartenevano quasi tutti all’aristocrazia locale mentre col passare degli anni quest’usanza venne abbandonata e la sua realizzazione venne curata e attuata da attori provenienti da tutti i ceti sociali. Intorno al 1925 per alcuni anni la rappresentazione del Mortorio ebbe il suo massimo splendore e venne realizzata quasi ogni anno nel teatro comunale l’Armonia che si trovava accanto alla Chiesa Madre. Successivamente dopo il 1959 quando il teatro venne chiuso, fu rappresentato in oratorio e nelle sale cinematografiche. L’anno scorso ad opera degli attori della locale compagnia “Li Ragunisi” che adesso ha cambiato la sua denominazione in “Piccolo teatro città di Aragona”, suiniziativa della Pro Loco sono state recitate scene del Mortorio nella piazza antistante la Chiesa di San Giuseppe e in piazza Cairoli. Le prime testimonianze della rappresentazione del Mortorio ad Aragona risalgono alla prima metà del 1800 e vengono riportate da Giuseppe Pitré che così scrive: “Fino al 1848 e poi fino al 1860 il Riscatto dell’Orioles e gli altri mortori apparvero nelle scene di Polizzi, Gratteri, Borgetto, Monreale,Frizzi, Partinico, Carini, Alcamo, Terrasini, Ravanusa, Racalmuto, Cattolica,Cianciana, Castelbuono, Aragona, Alimena, Mineo, Naro, Reitano, Caltanissetta e di altri comuni dell’Isola”. Nel 1855 il Riscatto di Adamo venne rappresentato a Casteltermini pertanti giorni per permettere agli spettatori provenienti dai paesi vicini di assistervi. Non mancarono anche spettatori provenienti da Aragona, Cammarata, S. Giovanni Gemini, Mussomeli e Campofranco. F. Nicotra nel 1907 sulla rappresentazione del Mortorio ad Aragona così scriveva: “È una famosa specialità aragonese, che si rappresenta ad intervalli di parecchi e parecchi anni; dura tutta la notte del venerdì santo e la resurrezione si fa all’alba del sabato, annunziata dallo scampanio dell’attigua Matrice. Molti accorrono anche dai paesi vicini”. Queste parole del Nicotra scritte all’inizio del secolo oltre a testimonia l’esistenza del teatro accanto alla Chiesa Madre, testimoniano anche lo spirito religioso con cui la popolazione locale seguiva questa rappresentazione sacra che era parte integrante dei riti celebrativi e rievocativi della Settimana Santa. Per tutta la notte del Venerdì gli aragonesi e anche molti spettatori dei paesi vicini con sentimento religioso vivevano la narrazione scenica del Mortorio che si concludeva all’alba del Sabato con lo scampanio delle campane della Chiesa Madre. Il Nicotra scrive anche che il Mortorio è una “famosa specialità aragonese”; in effetti pur ispirandosi all’opera sacra di Filippo Orioles, “II riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo”, scritta nella prima metà del 1700, ha assunto forme e contenuti propri tanto da potersi considerare diverso dagli altri testi sacri esistenti in Sicilia e tipico della tradizione popolare aragonese. Le rappresentazioni sacre in Sicilia si ebbero a partire dal XVI secolo influenzate dal potere ecclesiastico e determinate dallo spirito religioso che regnava nell’Isola. La prima di una certa importanza fu l’Atto della Pinta scritta verso il 1543 da Teofilo Folengo, ma il massimo splendore del teatro sacro si ebbe tra il secolo XVII e la prima metà del XVIII allorché furono scritti moltissimi testi tra cui ricordiamo: II Nascimento del Bambino Gesù (1652 di Cherubino Belli, II dramma pastorale sopra la nascita del Bombino Gesù (1661) e II viaggio dei tré Magi (1661) di Sebastiano Cumbo, II Cristo morto (1633) di Ortenzio Scamacca, Cristo al Presepio e Cristo al Calvario (1763) di Benedetto da Militello e La Passione di Cristo (1783) di Gaetano Salamoni. L’opera che però, prevalse su tutti e che rapidamente si diffuse in tutta la Sicilia fu il Riscatto di Adamo. Il suo autore, Filippo Orioles, fu un poeta “egregius” di Palermo vissuto nel 1700 e morto all’età di centosei anni nel 1793. Tale notizia è riportata dal Marchese Villalba che così scrive “Agosto 1973. Per due ragioni mi prendo l’eccezione di far nota in queste memorie della morte di una persona minuta qual fu Filippo Orioles. La prima perché egli fu un buon poeta e improvvisatore di versi latini, avendo lasciato Usuo nome nei pubblici torchi colle sue opere di drammi, e posto in scena il Mortorio di Cristo e vita dei Santi. La seconda è che portava l’età di centosei anni, che rare volte si vive dagli uomini”. Nei primi decenni del 1700 il testo di Filippo Orioles fu rappresentato diverse volte a Palermo prima di essere pubblicato nel 1750. Ebbe subito molta fortuna e si diffuse rapidamente in tutta la Sicilia con manoscritti, copioni modificati e manomessi senza che arrecassero il nome dell’autore, divenendo  ovunque il Mortorio di Cristo. Dopo quell’edizione del 1750 comparvero al tre stampe negli anni successivi con l’aggiunta di alcune scene che nella prima edizione erano citate in calce. Probabilmente le scene mancanti facevano già parte dell’opera sacra e venivano rappresentate ma l’Orioles nel pubblicare il Riscatto di Adamo ha voluto eliminarle per accorciare la sua durata e ridurre le «difficoltà della messa in scena o ha semplicemente accolto le indicazioni dei vari Sinodi dell’epoca che suggerivano di evitare che le rappresentazioni sacre suscitassero forti emozioni nei fedeli. Le parti mancanti nell’edizione del Riscatto di Adamo del 1750 e cioè quelle di Giuda che si impicca inseguito dalla Speranza, dal Perdono, dal Pentimento, e dalla Fede, la crocifissione di Gesù Cristo, il pianto di Maria Maddalena e di Giovanni ai piedi della croce, la Deposizione e la Resurrezione, in effetti, erano ricche di drammaticità e causa di elevati sentimenti nei cuori degli spettatori che assistevano con grande spirito religioso. L’opera dell’Orioles, inoltre, risultava lunga e sovente da essa furono tratte delle scene per rappresentarle singolarmente nelle piazze o nelle Chiese. Nacquero così le Deposizioni dalla croce o le Cene parlanti come ad Aragona dove fino a qualche decennio addietro veniva rappresentata nelle Chiese del paese l’ultima cena con il prete che lavava i piedi agli apostoli. Il testo del Mortorio ad Aragona viene tramandato in manoscritti di cui esistono una moltitudine di copie conservate con cura da diversi aragonesi che nella maggior parte dei casi, almeno una volta, hanno preso parte alla rappresentazione sacra. Non esistono testimonianze scritte sul nome del suo autore, ma soltanto alcune notizie orali e qualche citazione postuma fatta da anonimo da cui risulta anche che il manoscritto originale nello scorso secolo venne affidato dai Baroni Morreale di Maccalube. Il Mortorio il cui testo originale è “II Mortorio ossia la morte di Cristo” è attribuito ad un letterato locale di nome Giuseppe Maggiordomo vissuto probabilmente nella prima metà del 1800, periodo in cui per la prima volta venne portato sulla scena ad Aragona. Il Maggiordomo si ispirò al “Riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo” di cui prende la trama eliminando, però alcuni personaggi secondari e modificando in parte la sua struttura che viene suddivisa in un prologo e quattro atti anziché tre come nel Riscatto. Vengono ripresi i personaggi di Cristo, Giuda, Filato, Simon Lebbroso, Mi sandro, Caifas, Giuseppe, Nicodemo, Nizek, Pietro, Erode, Gamaliele, il Cavaliere Romano, Orisel, il centurione Petronio, Malco, Rubinit, Longino, Nitor, Giovanni, Anna, Celidio, Angelo, Barabba, Maria, Maddalena, Abra, Veronica, Giacomo, Rabram e le comparse dei Soldati e degli Apostoli mentre vengono esclusi i personaggi di Porfirio, Pitufas, Danete, Eutropie, Disma, il Perdono, la Fede, l’Amor Divino, II Pentimento, la Speranza, e altri personaggi minori. In tutto l’opera sacra di Orioles presenta quarantaquattro personaggi^Hmentre quella del Maggiordomo trentatrè. Inoltre, in quest’ultima non com-paiono le figure allegoriche del Pentimento, del Perdono, della Fede e dell’Amor Divino che nel testo di Orioles sono personificate e intervengono nell’azione scenica. Nel Mortorio, invece, vengono rappresentate attraverso il dialogo, il monologo o il coro, divenendo così l’opera più realistica. Negli ultimi decenni, da quando è stato chiuso il teatro comunale l’Armonia, la rappresentazione del Mortorio è stata attuata sempre in forma ridotta per accorciarne la durata. Ogni volta che è stato portato in scena sono stati attuati dei tagli ed eliminati alcuni personaggi. Fino all’inizio del secolo,  come testimonia il il Nicotra, la sua messa in scena durava per tutta la notte del Venerdì Santo mentre nelle ultime sue rappresentazioni, fatte recente  mente, la durata non va al di la delle quattro ore. Il canto di “Ah sì versate lacrime”, scritto dal medico Eugenio Di Stefano, è stato aggiunto dopo. Il Di Stefano aveva scritto il canto per accompagnare la processione  del Venerdì Santo, ma esso è stato posto anche a conclusione del Mortorio, che finisce con la sepoltura di Cristo essendo stata tolta la scena della Resurrezione che nel testo originale tramandato ad Aragona concludeva l’opera sacra.  Dal 1996 questa rappresentazione del Mortorio non è stata più fatta.

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