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TAR condanna il Ministero dell’interno a pagare le spese processuali

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La società L. srl con sede in San Biagio Platani opera nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti , svolgendo la propria attività prevalentemente sulla base di commesse pubbliche. Nel 2011 i Carabinieri effettuarono un sopralluogo presso l’impianto di recupero della ditta, sito nel territorio del comune di San Biagio Platani, contestando alcune presunte irregolarità e ipotizzando il mancato rispetto della normativa in materia di ambiente. Ne seguiva l’avvio di un procedimento penale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento ; il detto procedimento è in atto tuttora in fase dibattimentale. Nell’anno 2015 la società sanbiagese inoltrava alla Prefettura di Agrigento un’istanza volta ad ottenere l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa ( cd. “White list”) ; ma la Prefettura di Agrigento denegava alla società richiedente l’iscrizione alla White list e al contempo emetteva un’informativa interdittiva nei confronti della detta società, individuando, quale unico presupposto del provvedimento, la mera pendenza del procedimento penale per il reato di cui all’art.260 del Codice dell’Ambiente. La società sanbiagese ha allora proposto un ricorso davanti al TAR Sicilia, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, per l’annullamento , previa sospensione, dell’informativa interdittiva, chiedendo anche l’emanazione di misure cautelari monocratiche al Presidente del TAR Sicilia, stante l’estrema gravità ed urgenza del caso prospettata dai difensori. In particolare gli Avvocati Rubino e Valenza hanno censurato il provvedimento impugnato sotto il profilo dell’eccesso di potere, non potendo da sola la pendenza di un procedimento penale assurgere ad elemento sintomatico di contiguità con ambienti della criminalità organizzata, imponendosi un’ulteriore fase istruttoria che qualifichi la sussistenza in concreto del tentativo di infiltrazione mafiosa; ed hanno citato un precedente giurisprudenziale del TAR Campania secondo cui le informative interdittive si configurano carenti sul piano motivazionale ed istruttorio laddove siano limitate alla stretta ricognizione del reato ascritto all’indagato, senza nulla aggiungere in ordine ad eventuali contesti di criminalità organizzata in cui si sarebbe svolta l’attività illecita. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro, con il patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo per chiedere il rigetto del ricorso, previa reiezione della richiesta di misure cautelari. Già il Presidente del TAR Sicilia, dr. Calogero Ferlisi, in assenza di contraddittorio aveva accolto la richiesta di misure cautelari monocratiche avanzata dai difensori, rilevando che la stessa Prefettura di Agrigento aveva in precedenza rilasciato alla società ricorrente un’informativa a carattere liberatorio, stante l’inesistenza di elementi ostativi specificatamente previsti dal Codice Antimafia. Da ultimo il Tar Sicilia,Palermo, Sezione prima, in sede collegiale, Presidente il Dr. Calogero Ferlisi, Relatore la Dr.ssa Aurora Lento, condividendo le censure formulate dagli avvocati Rubino e Valenza, e ritenendo sussistente un pregiudizio grave ed irreparabile derivante dal provvedimento impugnato, ha accolto la richiesta cautelare di sospensione degli effetti dell’Informativa interdittiva, condannando il Ministero dell’Interno anche al pagamento delle spese processuali inerenti la fase cautelare. Pertanto, per effetto del provvedimento cautelare reso dal Tar Sicilia, la società sanbiagese potrà continuare ad ottenere commesse dalle Pubbliche Amministrazioni mentre il Ministero dell’Interno pagherà le spese processuali.

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